14 Mar
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Se si pensa a pitture riconducibili all'incubo, gli appassionati d’arte penserebbero subito alle opere di Fussli, legate al Romanticismo ottocentesco, e a quelle dell'Espressionismo tedesco degli anni '20, ma quasi mai ai dipinti realizzati da Zdzisław Beksiński, artista polacco attivo tra gli anni '70 ed i primi anni Duemila. 

Nato a Sanok, in Polonia meridionale, nel '29, visse durante l'occupazione nazista (1939-1945) e fu costretto a frequentare la scuola secondaria clandestinamente. Condusse gli studi universitari presso la facoltà di Architettura di Varsavia tra il '47 ed il '55, per volere del padre. Tra gli anni '50 e gli anni '60 esercitò la professione d'architetto, pur non trovando soddisfacente il proprio lavoro; quindi iniziò a rifugiarsi nei suoi hobby preferiti: inizialmente la fotografia, in seguito la pittura su masonite. Le sue foto erano anticonformiste, insolite e mai a colori. La tecnica preferita dall'artista era il fotomontaggio: teste di donne con grossi fori e spaccature al posto dei visi; immagini a specchio; foto sfocate raffiguranti lo stesso soggetto più volte; braccia tese verso l'alto con uno sfondo nero. Negli anni '60 fiorì il suo "periodo barocco", fatto di raffigurazioni di edifici ed entità spente e petrose. Questo fino al '71, quando venne coinvolto in un incidente ferroviario: la sua macchina si fermò sulle rotaie in una zona rurale ed una locomotiva lo travolse. Dopo l’incidente, restò in coma per qualche mese. Su tale evento ci sono tuttora molte speculazioni: alcuni pensano che l'artista avesse visto l'inferno e ciò avrebbe influenzato irreversibilmente il suo stile artistico. Infatti, dopo il ricovero, lasciò il lavoro e si dedicò solo ed unicamente alla pittura. E fu proprio tra gli anni '70 e gli anni 2000 che Beksinski divenne un artista apprezzato nel mondo dell'underground pittorico, al punto da essere riconosciuto più volte dal governo polacco come uno dei migliori artisti della Nazione. Lo stile di questo periodo, denominato "gotico", è il più celebre, e anche il più lugubre: anzitutto, egli non dava nomi alle sue tele, quindi nessuna delle sue opere ha un titolo, tra le centinaia create dal pittore, ed ammirando i suoi dipinti, si possono notare immediatamente atmosfere cupe ed offuscate, paesaggi immensi e desolati ed orride creature sfigurate, striscianti, pietrificate e fuse con assi, steli e croci. I colori si contrastano fortemente oppure sono monocromatici, a seconda dei soggetti. La sua visione della vita peggiorò negli anni '90, quando sua moglie, Zofia, morì di cancro e il suo unico figlio, Tomasz, si suicidò. Da quel momento unì la tradizionale pittura a mano alla sperimentazione digitale. Zdzisław morirà nella sua villa a Varsavia nel 2005, assassinato da 17 coltellate inflitte da Robert Kupiek, figlio del suo maggiordomo, che lo uccise per non aver ricevuto qualche centinaio di zloty (quasi 100 euro). 

Le parole di questo articolo, per quanto abbiano tentato di far immaginare al lettore i soggetti delle opere, non sono coinvolgenti quanto le immagini, capaci di far immergere l'osservatore nell'atmosfera desolata, devastata, straziata e tutt'altro che rassicurante delle realizzazioni di Beksinski; gli attributi non sono sufficienti a qualificare le pitture, proprio per quanto inimmaginabili e raccapriccianti. Pura inquietudine silente. Forse è questa, l'unica definizione in grado di riassumere perfettamente l'universo artistico di Zdzisław, uomo tanto rispettabile ed amato dai conoscenti quanto tormentato fino alla morte da lutti familiari e tragici ricordi del passato.

Andrea Arru, Matteo Salvagnolu e Davide Massa, III D Liceo classico

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