Andando in spiaggia non possiamo fare a meno di ammirare il panorama che questo ecosistema ci offre: le onde marine che si uniscono alla sabbia, le conchiglie e i pesciolini che nuotano nel fondale. Ne è un esempio la spiaggia di Bosa Marina, che si estende per un chilometro con tutte le sue sfumature: il verde-smeraldo dell’acqua limpida, grazie alla quale ogni anno vince le cinque vele blu di Legambiente, e la sabbia dorata con sfumature rosee.
Questa spiaggia non possiede solo queste caratteristiche; infatti, qualche giorno fa, si notava una linea di strani corpi (in foto) estendersi per tutta la riva. “Ma cosa saranno mai?”, mi sono chiesta. Ad uno sguardo poco attento sembrerebbero pezzi di plastica, ma osservando il luogo in cui sono depositati, la quantità e il colore inizialmente ho pensato a involucri di uova di pesce schiusi che la marea aveva lasciato depositare sulla riva. In realtà dal confronto con una docente di Scienze Naturali della mia scuola sono venuta a sapere che si trattava di una specie marina, denominata “Velella”. Le velelle, chiamate anche “Barchette di San Pietro”, sono parenti strette delle meduse e sono degli organismi planctonici, questo aggettivo derivando dal greco antico πλαγκτόν che significa “vagabondo”, comprende gli organismi acquatici che vengono trasportati dalle correnti a causa della loro difficoltà nel dirigere il movimento e contrastare il moto della corrente. Infatti le velelle sono solite spiaggiarsi sulle coste in grandi ammassi che si estendono per chilometri perché trasportate dalle correnti marittime; questi ammassi nonostante il loro sgradevole odore sono sinonimo di acqua pulita. Quindi è un bene che le velelle si siano depositate sulla spiaggia di Bosa e sulle spiagge della Sardegna perché vuol dire che gli italiani e gli innumerevoli turisti che vengono da tutto il mondo nuotano in acque pulite, controllate e prive di inquinamento.
Francesca Stellato, I D Liceo classico