20 May
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Il femminicidio è un reato di genere, una forma estrema di violenza esercitata sulle donne. Un fenomeno ormai conosciuto ma che molti ancora ignorano. Si tratta di violenze di ogni tipo: fisica, verbale, psicologica, che spesso culmina con l'uccisione della donna. Le statistiche riportano dati che ogni giorno aumentano di più. In particolare le rilevazioni del settembre 2017, evidenziano che 3 milioni e 466 mila donne hanno subito un atto di stalking. Se poi pensiamo al periodo di chiusura a causa della pandemia da Covid 19, i numeri dei casi di violenza domestica verso le donne, reati di femminicidio sono aumentati in modo considerevole. Non possiamo basarci esclusivamente sulle statistiche per comprendere e affrontare appieno questo problema, perché fredde e ingannevoli, spesso non attendibili. Infatti, molte donne purtroppo, nonostante i tanti appelli che  cadono nel vuoto, non denunciano le molestie subite per innumerevoli motivi! 

Sul piano sociale e culturale la violenza sulle donne, pur essendo un reato molto grave, non viene considerato come tale da molti. Non credo che si stia facendo qualcosa di particolarmente efficace in merito, tranne le manifestazioni in memoria delle donne: come quella del 25 novembre, la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, la Festa della donna l'8 marzo. 

Il femminicidio è un tema di attualità, che dovrebbe però essere più conosciuto, compreso, ma soprattutto maggiormente contrastato, non solo con leggi, ma con una vera e propria campagna educativa a tutti i livelli, in tutti i luoghi.

Le cronache riportano molto spesso notizie di donne vittime di violenze che sono sfociate in efferati femminicidi. Se leggiamo bene dentro le notizie emergono frequentemente degli elementi molto importanti: le stesse vittime non hanno trovato il coraggio di denunciare alla prima violenza, speravano, pensavano, credevano, che colui che diceva di amarle cambiasse atteggiamento, ovvero che loro stesse con il loro amore riuscissero a cambiarlo! Oppure, la stessa vittima denuncia il suo aggressore, ma nonostante ciò, questo non è servito a far desistere il suo aggressore dal commettere l'omicidio.

Si potrebbe dire che queste donne sono state doppiamente vittime: prima, delle loro convinzioni e paure, poi del loro carnefice che diceva di amarle. Una sorta di evoluzione della “sindrome di Stoccolma”. 

Vorrei concludere dicendo che è necessario evitare la paura, anche se non è assolutamente semplice, perché ti senti sola. Bisogna aiutare le donne che si trovano o potrebbero trovarsi in situazioni analoghe a combattere, parlando e soprattutto ascoltando e sentendo il  loro silenzio! Non bisogna vergognarsi né nascondersi. Gli unici che devono vergognarsi sono coloro che commettono questo reato!

La donna ha bisogno di libertà e per ottenerla è doveroso e necessario mettere un punto fermo.

 Non ignoriamo le urla nel silenzio!

Natalia Mocci

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