06 Jun
06Jun

Mi sono svegliata la mattina del 5 maggio 2023 non sapendo cosa mi aspettasse ma, spinta dal mio spirito d’avventura, mi sentivo pronta per questa nuova esperienza convinta che mi avrebbe portato a scoprire cose nuove poiché ogni esperienza lascia la sua impronta inconfondibile. Dunque mi sono preparata e diretta verso scuola e da lì, accompagnati dalla prof.ssa Donzelli, abbiamo raggiunto i nostri compagni di viaggio, i ragazzi della 2D classico, guidati dalla prof.ssa Granata. 

Pronti, partenza, via! Destinazione: Monastero di San Pietro di Sorres che si trova nel comune di Borutta, un piccolo centro del Meilogu, in provincia di Sassari, in Sardegna. Il viaggio di andata è passato velocemente tra chiacchierate, risate e canzoni cantate a squarciagola. E così siamo arrivati… Il Monastero di San Pietro di Sorres è l’unica abbazia benedettina presente in Sardegna, risale al XII sec. e diventa sede di una comunità monastica a partire dalla metà del XX secolo per iniziativa dei monaci di Parma, a cui era stata affidata l’ex cattedrale di San Pietro nel 1950. Scesi dal pullman siamo subito entrati nel chiostro. Esso è una parte importante del monastero e consiste in un’area centrale scoperta circondata da corridoi riparati dai quali si accede ai vari spazi del Monastero. Ad accoglierci abbiamo trovato l’Abate, Padre Luigi Tiana, a cui è affidata la guida dei monaci, che ci ha spiegato da quali spazi è costituito un monastero e com’ è strutturata la giornata dei monaci secondo i canoni della vita monastica benedettina: essi si alternano tra lavoro e preghiera, ospitalità e guida spirituale. Successivamente abbiamo visitato i vari spazi del Monastero, inclusa la chiesa, una delle più belle strutture in stile romanico-pisano concepita come “una barca”, protesa verso il Cristo risolto, alla cui guida c’è Pietro. La facciata è rivolta verso ovest e questo per un motivo preciso: ricorda il cammino pasquale verso la resurrezione, che ogni cristiano deve compiere. Anche i colori delle pietre che la compongono hanno un significato: il bianco simboleggia il bene, il nero simboleggia il male. Sono rimasta particolarmente colpita dall’armonia di forme e colori. Finita la visita al monastero di San Pietro di Sorres è giunta l’ora di pranzare. Lo abbiamo fatto vicino al Monastero. In un prato verde ci siamo riposati, abbiamo chiacchierato e giocato. 

Successivamente abbiamo preso il pullman e ci siamo diretti verso la Comunità S’Aspru nel comune di Siligo. Come nasce la Comunità S’Aspru? Nasce dall’intuizione di un Frate Francescano, Padre Salvatore Morittu, che, intorno alla fine degli anni ‘70, chiese ed ottenne una struttura in stato di abbandono, proprio nella zona S’Aspru, appartenente alla Diocesi per fondare l’Associazione di volontariato senza fini di lucro, “Mondo X – Sardegna”. Nel maggio del 1982 la comunità ha iniziato la sua attività. Si tratta di una comunità terapeutica residenziale per tossicodipendenti che fa parte del sistema socio-sanitario regionale. Coloro che vengono accolti, in un’età compresa tra i 20 e 63 anni, aderiscono a un programma terapeutico e riabilitativo, personalizzato e articolato in interventi di consulenza e supporto psicologico e/o psicoterapia individuale o di gruppo, finalizzati al superamento della dipendenza, al miglioramento della qualità della vita e al pieno reinserimento sociale. Padre Stefano, un frate francescano che opera nella comunità, ci ha spiegato com'è articolata la giornata e ci ha fatto visitare la struttura costituita da diversi spazi: falegnameria; spazio adibito alla mungitura; terreni da coltivare; spazi adibiti all’allevamento di maiali e altri ancora. Gli ospiti, durante il giorno, svolgono vari lavori, hanno poche pause e durante la settimana vengono organizzati i vari incontri con gli specialisti. 

Dopo aver visitato gli spazi abbiamo incontrato due ragazzi che ci hanno voluto raccontare la loro storia. E’ stato molto interessante! Ci hanno spiegato come, per loro, entrare in comunità sia stato “rinascere”. Si tratta di due storie non molto diverse tra loro. Ci hanno detto che arrivati a un certo punto della loro vita hanno assunto droga per noia e per la situazione familiare che stavano vivendo. Mi ha colpito molto una frase detta da uno di loro, un ragazzo di 24 anni: “Fuori dalla comunità vivevo la vita tanto per viverla. Entrato qui mi è stato tolto quello che mi piaceva fare e ho apprezzato veramente il valore di quella cosa. Perciò ragazzi, ragazze, inseguite sempre i vostri sogni, nulla è impossibile nella vita. Tutto si può fare se si ha forza di volontà”. Verso le 17.30 abbiamo preso il pullman e siamo ritornati a Bosa. 

E’ stata una giornata bellissima, ricca di emozioni, ho avuto modo di imparare cose nuove e di conoscere meglio i compagni e divertirmi con loro. Ringrazio tutti coloro che hanno reso possibile questa esperienza, in modo particolare le nostre accompagnatrici, le professoresse Francesca Donzelli e Giovanna Granata.

Veronica Cicchinelli, II A Liceo scientifico

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